domenica 22 dicembre 2013

Le mani sugli Eventi

Soggetto, sceneggiatura e lay out: Giuseppe Peruzzo
Disegni e copertina: Nicola Gobbi
Editore: Q Press
Collana: Oltrenero
N° pagine: 48
Anno d'uscita: 2013
Prezzo: € 9,90

Cosa sarebbe successo se nell'Italia del miracolo economico fosse esistito uno spietato criminale capace di compiere azioni efferate e inaudite solamente per denaro?
Come risposta a questa domanda nasce Atrox, personaggio a fumetti ideato da Giuseppe Peruzzo e stampato dalla torinese Q Press, protagonista di tre volumi, presentati dalla casa editrice nella collana Oltrenero, in cui ad una narrazione avvincente e concitata, a disegni incisivi e alla rivisitazione dei topoi del fumetto e della letteratura nera si affianca uno spaccato storico puntuale della realtà del bel paese dei primi anni '60, fatto non comune in un'opera di fantasia.
A conferma di ciò ne “Le mani sugli Eventi”, terzo libro della serie legata al feroce malvivente, si racconta la storia delle celebrazioni del centenario dell’unità d’Italia vissuta da un giovane mafioso che, convinto il suo boss a mandarlo a Torino per espandersi e tentare di ottenere appalti, ed essendoci riuscito, grazie a omicidi e alla corruzione di funzionari statali, si scontra con Atrox che immancabilmente gli rompe le uova nel paniere.
Questo breve tomo, scritto come i precedenti dal giornalista ed esperto in Scienze ed Arti della stampa Giuseppe Peruzzo, che ne ha curato anche i lay out, si fa apprezzare per una trama classica ma allo stesso tempo ricca di colpi di scena e di situazioni che lasceranno i lettori con il fiato sospeso.
Molto funzionale al racconto, pieno di ritmo e di tensione, è inoltre il segno, duro e realistico dettato da un bianco e nero netto con l'aggiunta di pochi grigi, di Nicola Gobbi, disegnatore chiamato in questo frangente ad affiancare Peruzzo nella sua ultima fatica.
Un altro aspetto che rende quest'opera molto appetibile per chi è attento ai particolari, sta nel fatto che nelle tavole, divise in vignette molto grandi e dense di dettagli, sono riconoscibili vestiti e automobili proprie degli anni '60 e si notano edifici e quartieri della città di Torino come appaiono ancora oggi.
Tutto ciò contribuisce a fare in modo che le ambientazioni e il periodo storico che fanno da sfondo alle gesta dei protagonisti non siano anonime e prive di riferimenti.
Un ulteriore curiosità da mettere in evidenza poi è che in calce alle pagine di questa appassionante graphic novel, realizzate con una carta pesante e resistente all'invecchiamento, i testi dei balloon sono stati tradotti in francese.
Alla luce di quanto scritto quindi, non si può che applaudire il grande impegno degli autori di questa splendida avventura a fumetti e affermare, senza paura di smentite, che questo lavoro, molto bello e caratteristico, soddisferà pienamente sia gli amanti del noir che quelli del buon fumetto.

domenica 1 dicembre 2013

Un fascio di bombe

Soggetto e sceneggiatura: Alfredo Castelli, Mario Gomboli
Disegni e copertina: Milo Manara
Editore: Q PRESS
Collana: PAMphlet
N° pagine: 48
Anno d'uscita: 2010
Prezzo: € 9,90

Realizzata originariamente nel 1975 per volontà di un partito socialista italiano ancora lontano dagli scandali che ne avrebbero decretato la fine vent'anni dopo, distribuita gratuitamente in 600.000 copie, con il sottotitolo “In un racconto a fumetti la strategia della tensione”, durante la competizione elettorale di quell'anno e stampata nuovamente nel 2010 dalla torinese Q PRESS di Giuseppe Peruzzo nella collana PAMphlet, “Un fascio di bombe” è considerata la prima graphic novel italiana, un'opera che segna una tappa fondamentale nell'impiego del fumetto come strumento di informazione.
Sceneggiato da Alfredo Castelli con l'aiuto di Mario Gomboli e illustrato da Milo Manara, autori allora poco più che trentenni ma oggi riconosciuti come autentici Maestri della letteratura disegnata, questo lavoro, a cui hanno collaborato anche le sorelle Giussani e Mario Uggeri, autore della copertina della prima edizione con lo pseudonimo di Ugo Gremiari, narra, con estremo realismo, la strage di Piazza Fontana, sviscerando gli eventi storici che hanno portato al grave attentato compiuto il 12 dicembre del 1969 nel centro di Milano, e cerca di ripercorrere le tappe che hanno condotto alla messa in atto del disegno eversivo identificato, in Italia, con la locuzione strategia della tensione.
In appena quarantotto pagine attraverso l’inchiesta del protagonista di fantasia del breve volume, il giornalista dell'Avanti Moretti, vengono mostrati ai lettori i tragici momenti precedenti e successivi al terribile atto terroristico.
Nelle scene salienti del libro, rese da Manara con un segno più acerbo e confuso rispetto a quello delle storie erotiche con cui si è fatto conoscere in seguito dal grande pubblico, oltre alla crudezza e all'efferatezza delle immagini relative alle esplosioni avvenute alla Banca dell'Agricoltura del capoluogo meneghino e all'Altare della Patria vengono rappresentati, la defenestrazione di Giuseppe Pinelli, l’anarchico accusato, insieme a Pietro Valpreda e Mario Merlino, di essere il responsabile delle stragi e le morti e gli arresti di cui sono state vittime una serie di innocenti la cui unica colpa era conoscere la verità o appartenere a un movimento politico di estrema sinistra.
Nonostante numerosi dettagli, come ad esempio la riproduzione a tutta pagina dell’Avanti!, rivelano trattarsi di un tomo commissionato dal partito socialista per le elezioni del '75 le pagine di “Un fascio di bombe” costituiscono un mirabile esempio di giornalismo grafico che si basa su documenti, articoli di giornali e dichiarazioni storicamente autentiche.
Alla luce di quanto scritto possiamo quindi affermare, senza paura di smentita, che questo volume, che dimostra la grande potenzialità del medium fumetto di veicolare messaggi politici e sociali e la sua capacità di farsi testimonianza, costituisce un documento e uno strumento d'inchiesta ancora oggi molto valido e bisogna applaudire il coraggio di autori che, trent'anni prima della sentenza della Cassazione milanese, che nel 2004 acclarò la colpevolezza dei neonazisti veneti Franco Freda e Giovanni Ventura, parlarono di un'implicazione di gruppi di matrice fascista negli attentati di Milano e Roma.

domenica 17 novembre 2013

Abissi d'acciaio

Autore: Isaac Asimov
Editore: Arnoldo Mondadori Editore
Data di uscita:1995
Collana: Oscar bestsellers
N° Pagine: 258
Prezzo: € 8,40

"Abissi d’acciaio" è un giallo fantascientifico scritto da Isaac Asimov nei primi anni ‘50 del novecento.
In America, la sua pubblicazione avviene per la prima volta, a partire dall’ottobre 1953, in tre puntate sulla rivista Galaxy e nel 1954 ne viene stampata un’edizione in volume dalla casa editrice newyorkese Doubleday.
In Italia appare, per la prima volta, tradotto come appendice ai Romanzi di Urania nei numeri dal 55 al 63.
Solo nel 1963 ne viene fatta un’edizione in volume sui Romanzi del Cosmo n. 116 con il titolo "La metropoli sotterranea".
Nel numero 578 di Urania, uscito il 31 ottobre 1971, infine il romanzo viene pubblicato con il titolo con cui oggi è conosciuto dai lettori di fantascienza di tutta Italia, "Abissi d’acciaio".
Questo romanzo è molto importante nella produzione di Asimov per varie ragioni.
È il primo libro del ciclo dei Robot, introduce alcune figure fondamentali per la saga della Fondazione e vede enunciate le ormai celeberrime tre leggi della robotica, riprese in seguito in tutte le salse da molti scienziati e autori di fantascienza.
Il protagonista di questo romanzo è Eliah Bailey un detective della polizia di una New York del futuro che, come tutte le città della terra, è coperta da un’immensa cupola che simula in maniera del tutto artificiale l’alternarsi del giorno e della notte.
La razza umana infatti ha perso l’abitudine a vivere all’aria aperta, che reputa un modo di vivere da selvaggi, da Medio Evo, come è chiamato nel romanzo il nostro 21° secolo.
Bailey viene incaricato di scoprire l’assassino di un abitante di Aurora, il più importante dei cinquanta mondi esterni.
Il romanzo infatti è ambientato in un periodo in cui i terrestri hanno iniziato a colonizzare lo spazio.
Esistono ben cinquanta pianeti conquistati da esseri umani che si sono dichiarati indipendenti dalla madre Terra e la guardano con odio e disprezzo.
In questi pianeti inoltre non esistono malattie per cui gli abitanti evitano il contatto con i terrestri, considerati infetti, vivendo in un ambiente sterile.
Un altro personaggio fondamentale del romanzo è R. Daneel Olivaw, un robot dalle sembianze umane, un androide molto evoluto che viene affiancato a Baley e che aiuterà il nostro eroe nella ricerca dell’assassino.
Grazie a R. Daneel Olivaw, Asimov analizza i comportamenti, le sensazioni e i sentimenti dell’uomo cui viene assegnato una macchina come collaboratore, tema che sarà una costante di tutti i romanzi del Ciclo dei Robot.
Un’altra cosa che si nota nel romanzo è il paragone tra Eliah Bailey e lo Sherlock Holmes di Arthur Conan Doyle.
Il paragone, oltre ad essere già molto evidente di per se, è inevitabile se si pensa che Isaac Asimov ha citato anche una delle frasi più celebri che Doyle mette in bocca al detective di Baker Street: "…escluso l'impossibile, quel che rimane, per quanto improbabile, deve essere la verità".
Inoltre come Sherlock Holmes è accompagnato dal dottor Watson, anche Bailey è accompagnato da R. Daneel Olivaw.
Questo paragone, che sembra molto azzardato, non lo è se pensiamo che Asimov oltre a essere considerato uno dei padri della fantascienza è stato anche un ottimo scrittore di gialli oltre che membro degli Irregolari di Baker Street, associazione americana di appassionati del famoso detective Doyliano.

domenica 10 novembre 2013

Quer pasticciaccio brutto de via Merulana

Autore: Carlo Emilio Gadda
Editore: Garzanti Editore
Anno di pubblicazione: 2007
Postfazione: Pietro Citati
Pagine: 275
Prezzo: € 18,00

Il 2007 è stato l’anno di un importante anniversario letterario, il cinquantenario della prima pubblicazione in volume, ad opera della casa editrice Garzanti, di "Quer pasticciac-cio brutto de via Merulana", capolavoro dello scrittore milanese Carlo Emilio Gadda.
Per celebrare questa occasione, la stessa casa editrice ha presentato una meravigliosa ristampa del libro con copertina cartonata e prefazione del noto critico letterario Pietro Citati.
Anche se la pubblicazione dell’opera in volume risale al ‘57, Gadda aveva cominciato a lavorarci già nel 1946, a Firenze, subito dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, nel ricordo di un lontano soggiorno a Roma.
La prima uscita del romanzo, rimasto incompiuto e ispirato ad un fatto di cronaca nera realmente accaduto, avvenuta a puntate sulla rivista “Letteratura” negli stessi anni, ebbe una diffusione molto limitata.
Solo dopo il trasferimento a Roma di Gadda come giornalista della RAI, l’editore Garzanti gli propone la pubblicazione in volume del libro che, una volta uscito, contribuisce a dargli un immediato successo.
Per questo motivo tra la prima versione e quella definitiva vi sono alcune differenze come: una diversa articolazione dei capitoli, con l’obiettivo di aumentare la tensione narrativa del racconto, e varianti al testo.
La vicenda, ambientata nella Roma fascista, prende le mosse da una rapina e da un successivo omicidio ai danni di Liliana Balducci che avvengono in un palazzo al numero 219 di via Merulana, una strada nel cuore di un vecchio quartiere popolare della capitale.
Nonostante l’inchiesta si allarghi in varie direzioni e interessi vari strati sociali, illustrati nel libro con grande forza espressiva, non si arriva all’identificazione di un colpevole.
Chiamato ad indagare sui due casi, forse collegati fra loro, è il commissario di origine molisana Francesco Ingravallo, altrimenti indicato come don Ciccio, uno dei più giovani e invidiati funzionari della sezione investigativa della polizia e amico dell’assassinata e del marito.
Questo personaggio, attraversato da passioni, incertezze, angosce che lo rendono vulnerabile e umano, non è il classico detective che scioglie l’enigma del delitto ricorrendo alle geometriche induzioni e deduzioni del raziocinio.
È invece un uomo immerso nella incoerenza del reale, che cerca tuttavia di afferrare nella sua contraddittoria interezza.
Gadda costruisce un intrigo poliziesco che gioca su un duplice registro: può essere letto, infatti, come eco del mondo e come bricolage letterario.
Attraverso l’uso di un registro linguistico tutto nuovo, Gadda si scaglia contro la società burocratica e ottusa della borghesia fascista ed i suoi falsi miti: in particolare, quello della famiglia, che, dietro l’aspetto solido, nasconde violenza e sopraffazione.
Oltre ai significati più strettamente filosofici del libro, colpisce e diverte il lettore anche lo stile letterario e il linguaggio di Gadda, la sua ricchezza lessicale ed espressiva, la scelta di parole sature di significato, di umori, di echi gergali e dialettali.
Tre infatti sono i dialetti che affiancano l’italiano nella narrazione della vicenda: il romano, il molisano, il napoletano, impiegati con perizia.
Il pastiche linguistico di Gadda inoltre, è completato da numerosi neologismi.
Le parole, con la loro etimologia complessa influenzano il punto di vista dei personaggi, non si limitano a indicare le cose ma ne esprimono l’essenza.
La complessità del linguaggio impiegato e le frequenti digressioni rendono la lettura a volte faticosa ed esigente.
A renderla più gradevole, a stemperare l’amarezza delle analisi, concorrono però l’umorismo, l’ironia, la comicità, di cui il libro è impregnato.

domenica 18 agosto 2013

Atipico vampiro

Autore: Giacomo Lucarini
Copertina: Lucio Parrillo
Editore: Giovane Holden Edizioni
Collana: Camelot
N° pagine: 88
Data d'uscita: Maggio 20113
Prezzo: € 12,00

È uscito nel mese di maggio 2013, stampato dalla casa editrice viareggina Giovane Holden Edizioni, il romanzo “Atipico Vampiro”, opera prima del giornalista e scrittore camaiorese Giacomo Lucarini.
Vincitore del concorso letterario “Streghe, Vampiri & Co” promosso da Giovane Holden Edizioni e Associazione Culturale I soliti ignoti che ha permesso che il manoscritto venisse notato, questo libro, nato come racconto breve, è stato pubblicato nella collana “Camelot”, che raccoglie volumi appartenenti prevalentemente ai generi fantasy e fantascienza.
Narra le vicende di Daniele, un ragazzo di vent'anni come tanti, un giovane solare ed estroverso, con un lavoro di giornalista pubblicista che lo gratifica, pochi buoni amici e tanti conoscenti e una famiglia amorevole con cui fa i conti a ritmo alterno.
La sua vita cambia però in modo radicale quando scopre di essere diventato, senza un motivo apparente, un vampiro.
Il vampirismo, in questo frangente, viene trattato da Lucarini in modo atipico, da qui il titolo del volume, e fuori dagli schemi.
Il personaggio principale del romanzo, a differenza del bello e tenebroso Edward Cullen della celebre saga “Twilight” o di eroi di altri libri o film come “Dracula” o “Intervista col vampiro”, non ha infatti canini aguzzi, super poteri o fascino da vendere.
L'autore toscano mette in risalto, in modo ironico e spontaneo ma senza mai scadere nel banale o nel già letto, solo gli aspetti negativi che capitano al protagonista: la luce del sole comincia a bruciargli la pelle, gli occhi gli si arrossano facilmente, ha un'insaziabile sete di sangue e si sente sempre stanco e malaticcio.
A complicare ulteriormente le cose, in un escalation di eventi che porterà ad un tragico epilogo finale, sarà l'incontro di Daniele con la giovane e misteriosa Iside, personaggio di cui non si scoprirà la vera identità se non nella parte finale della vicenda narrata.
Composto da capitoletti lunghi al massimo un paio di pagine che rendono l'andamento della trama serrato e avvincente in cui alla fine di ognuno si trova sempre un colpo di scena e ambientato in quella che sembra una tipica cittadina della Toscana, “Atipico vampiro”, la cui copertina è realizzata con una bellissima mezzatinta dall'illustratore e autore di fumetti Lucio Parrillo, è un misto tra numerosi generi come: romanzo urban fantasy e racconto di formazione, pulp e letteratura rosa.
È inoltre infarcito di puntualissime citazioni cinematografiche, musicali e fumettistiche che potranno essere colte da ogni appassionato oltre che di cenni sulla politica e sull'attualità italiana che dovrebbero far riflettere i lettori.
Se proprio si vogliono trovare difetti a quest'opera, molto ben curata anche dal punto di vista editoriale, possiamo identificarli nella lunghezza e nel prezzo.
Il romanzo, piacevole, ironico, pungente e brillante, è composto infatti da poco più di ottanta pagine, per cui il costo di dodici euro sembra eccessivo, in cui molti spunti interessanti sono lasciati in sospeso.
Alla luce di quanto scritto non posso non augurarmi che l'autore li riprenda e li sviluppi in altre opere dedicate al personaggio di Daniele e consigliare la lettura di questo libro ad ogni amante della buona letteratura di genere.

sabato 3 agosto 2013

DK, Io so chi non sono

Soggetto: Mario Gomboli
Sceneggiatura: Tito Faraci
Copertina, disegni e colori: Giuseppe Palumbo
Editore: Astorina S.r.l.
Collana: Il grande Diabolik
N° pagine: 184
Data d'uscita: Aprile 20113
Prezzo: € 4,90

Com'è noto a tutti gli appassionati di fumetti italiani, le sorelle milanesi Angela e Luciana Giussani, creatrici di Diabolik, per descrivere ambientazioni e dare connotazioni fisiche e psicologiche ai personaggi della nota serie a fumetti si sono ispirate ai feuilleton francesi dell'inizio del secolo scorso.
Ma cosa sarebbe successo invece se, nel creare il famoso serial, le autrici avessero guardato al fumetto americano o avessero trovato il modo di conciliare le due fonti?
Cerca di rispondere a questa domanda lo speciale “Dk, Io so chi non sono”, stampato dalla nota casa editrice Astorina S.r.l.
Scritta da Mario Gomboli, sceneggiata da Tito Faraci, disegnata e colorata da Giuseppe Palumbo, la storia contenuta nel volumetto di 184 pagine uscito nel mese di aprile nelle edicole e nelle fumetterie italiane è ambientata infatti in una realtà alternativa dove si muovono eroi che, pur ricordando per aspetto e caratteristiche quelli delle sorelle Giussani, sono qualcosa di nuovo e di diverso.
Protagonista della vicenda narrata, dove chi la popola non è mai chiamato per nome, è un re del terrore con una cicatrice sull'occhio destro, solitario, dalle mille risorse, preparatissimo, intelligente, che bazzica zone fumose e notturne, non esita a controllare gli ambienti che lo circondano, andando a scomodare persino i topi, per salvare la pelle, e ama mascherarsi per raggiungere tesori dal valore inestimabile.
Ha come modus operandi, che lo distingue dalla sua controparte che agisce nella città stato di Clerville, quello di non lasciare testimoni in giro durante le sue missioni.
Uccide infatti le persone che lo hanno visto in faccia a sangue freddo e senza utilizzare armi da fuoco.
A lui si contrappongono un giudice, dalle fattezze di Eva Kant, a capo di un fantomatico gruppo terroristico che ha deciso di sfruttare il ladro per i suoi scopi o in alternativa di ucciderlo e un ispettore in grado, dopo aver studiato ossessivamente le sue imprese, di metterlo in grossa difficoltà.
Come nella migliore tradizione però DK, che è altro rispetto a Diabolik, riesce sempre a farla franca sfuggendo ai suoi avversari con l'aiuto di un po' di fortuna, trucchi e sofisticati mezzi tecnologici da lui progettati.
Per quanto riguarda disegni e sceneggiatura di questo racconto, diviso in otto capitoli ciascuno composto da venti pagine, non a caso la stessa foliazione degli albi americani cui l'opera fa esplicito riferimento, non si possono non elogiare Mario Gomboli e Tito Faraci, che hanno dato vita ad una storia appassionante e coinvolgente che ci mostra un Diabolik lontano dall'idea delle sorelle Giussani e molto vicino ai personaggi del fumetto statunitense e Giuseppe Palumbo, che pur avendo costruito tavole in perfetto stile d'oltreoceano non ha rinunciato ad alcuni richiami a stilemi classici della serie.
Nonostante la presenza di alcuni nei come l'abbondanza di dialoghi che rende la fruizione della narrazione pesante in alcune parti del volume e una colorazione piatta e innaturale, aspetti che mi auguro verranno migliorati se questo speciale non rimarrà un caso isolato nel panorama editoriale fumettistico italiano, bisogna comunque applaudire l'Astorina per la sua voglia di sperimentare nuove strade che si sta dimostrando estremamente positiva ed efficace nell'attirare nuovi lettori.

sabato 20 aprile 2013

Topolino e la promessa del gatto

Sceneggiatura: Francesco Artibani
con la supervisione di Andrea Camilleri
Disegni: Giorgio Cavazzano
Colori: Mirka Andolfo
pubblicata su Topolino 2994
Data di uscita: Aprile 2013
N° Pagine: 39
Prezzo: € 2,40

A pochi giorni dal lancio degli episodi della nona stagione della serie televisiva “Il commissario Montalbano”, ispirata ai romanzi gialli di Andrea Camilleri, The Walt Disney Company Italia rende omaggio al noto personaggio letterario con un'avventura molto bella e particolare.
Nel numero 2994 del settimanale a fumetti Topolino, uscito nelle edicole italiane il 16 aprile 2013, compare infatti la storia dal titolo “Topolino e la promessa del gatto”.
Il racconto, disegnato da Giorgio Cavazzano con il suo inconfondibile tratto, una sintesi perfetta tra comico e realistico, valorizzato dai colori della bravissima Mirka Andolfo, scritto da Francesco Artibani, che ha curato ogni particolare del testo rendendo la sceneggiatura suggestiva e ricca di tensione, e supervisionato dallo stesso Camilleri, che appare in un cameo interpretando il signor Patò, padrone di una pensione e ospite impeccabile, è ambientato in Sicilia tra la valle dei templi e il paese immaginario di Vigatta e vede Topolino affiancare il commissario Salvo Topalbano, parodia del celebre poliziotto con tanto di nasetto ed orecchie, in un'indagine di rapimento.
Se all'inizio tra i due, per diversità culturale e di metodi di investigazione, non c'è feeling, in seguito collaboreranno all'unisono per risolvere una vicenda intricata che li vede contrapposti ad un gruppo di pericolosi criminali.
Grazie a questa intesa Topolino, e con lui il lettore, avrà modo di apprezzare un paese con i suoi meravigliosi panorami e le sue enormi contraddizioni, di entrare in contatto con le tradizioni del luogo e di imparare qualche parola del dialetto del posto.
Oltre alla poetica, alle atmosfere e al linguaggio propri dei libri dello scrittore di Porto Empedocle, resi alla perfezione da Artibani, ai due protagonisti, alle meravigliose ambientazioni e ai paesaggi della Sicilia, disegnati con dovizia di particolari da Cavazzano, in questa storia si ritrovano anche i personaggi che compongono il gruppo che coadiuva Montalbano nelle inchieste che hanno fatto amare le sue imprese da milioni di lettori in tutta Europa, anche loro resi personaggi dei fumetti.
Il braccio destro del commissario, l'agente Domenico “Mimì” Augello, diventa così Ninì Cardillo, l'ispettore Fazio si trasforma in Strazio e il centralinista Catarella, che ha il difetto di storpiare tutti i nomi e di parlare in un linguaggio tutto suo, in Quaquarella.
A questi si contrappone il boss Totò Sinatra che con i suoi tirapiedi, tra cui spiccano Prorunasu e Facciaesantu, nomi che richiamano quelli dei due briganti che affiancano il protagonista Rinaldo Dragonera nella commedia musicale di Garinei e Giovannini “Rinaldo in campo” portati in scena per la prima volta dai comici Franco Franchi e Ciccio Ingrassia, causerà non pochi problemi a Topalbano e alla sua squadra.
Inutile dire che, nella più classica tradizione disney, il lieto fine è assicurato.
Alla luce di quanto scritto, per il suo mix estremamente equilibrato tra sceneggiatura e disegni, si può quindi affermare che la lettura di questa avventura sia consigliata non solo agli amanti del buon fumetto ma anche agli appassionati di letteratura gialla e ai numerosi fans di Andrea Camilleri.

sabato 6 aprile 2013

Ghost in the shell


"Ghost in the shell" è un lungometraggio d’animazione giapponese che ha conquistato numerosi premi e riconoscimenti in tutto il mondo.
Capolavoro del 1995 tratto dal manga di Masamune Shirow, diretto dal famoso regista Mamoru Oshii e realizzato dalla Production I.G, uno dei più noti studi del sol levante responsabile tra le altre cose anche delle sequenze animate di "Kill Bill vol. 1", il film, la cui trama ruota intorno all’indagine compiuta da una sezione della polizia giapponese alla ricerca di un hacker, è ambientato nell’anno 2029 dove la rete informatica la fa da padrona e dove macchine e uomini convivono.
In questo mondo ciò che differenzia l’uomo dalla macchina è ciò che viene definito ghost, l’essenza principale dell’animo umano che riempie con lo spirito vitale lo shell, il guscio, l’involucro robotico.
Protagonista della vicenda è il maggiore Motoko Kusanagi, agente speciale della Sezione 9 unità anti terrorismo cibernetico dipendente direttamente dal governo, che, coadiuvata dalla sua squadra, cerca di incastrare il Signore dei Pupazzi, un criminale che agisce sulla rete e che, per commettere i propri crimini, manipola le menti di ignare persone.
All’indagine si aggiunge anche un complotto politico, utilizzato per nascondere la vera natura del malvivente, che i componenti della squadra devono sventare.
Motoko Kusanagi, che presenta forti innesti meccanici nel suo corpo, sta attraversando un periodo di crisi di identità in quanto si sta chiedendo quanto di umano e quanto di macchina ci sia in lei.
I suoi dubbi e i suoi dilemmi trovano una risposta allorché la sezione si imbatte finalmente nel Signore dei Pupazzi, una coscienza cibernetica auto generatasi all’interno delle IA della rete a seguito di un programma virus del governo americano, che tenta di mettersi in contatto con il maggiore per fondersi con lei e dar vita ad una nuova stirpe di creature adatte al nuovo mondo tecnologicizzato
Mamoru Oshii, regista che ha una certa esperienza nel campo della fantapolitica e che ha firmato la regia dei due film animati di "Patlabor", di buona parte degli episodi della serie televisiva di "Uruseiyatsura", nonché di alcuni film dal vero, riesce a districarsi molto bene tra gli intrecci della trama, delineando con credibilità i vari personaggi che si avvicendano nella storia.
Rispetto al manga, in cui si dà spazio anche a momenti sentimentali e comici, si può affermare che l’anime abbia un’atmosfera molto più cupa.
Inoltre in "Ghost in the Shell" abbonda la violenza sottoforma di sparatorie, corpi frantumati e fiumi di sangue.
Oshii riesce tuttavia a equilibrare i tempi dell’azione frenetica e del dialogo tagliente e si pone una domanda angosciante: se la tecnica è in grado di creare androidi, capaci di ricordare e quindi di interrogarsi sulla propria identità, cosa rimane a distinguere un uomo da un cyborg?
Tecnicamente "Ghost in the Shell" è ineccepibile.
I fondali sono vere e proprie opere d’arte, riproduzioni quasi fotografiche di una città giapponese del prossimo futuro.
L’animazione è realistica e fluida e il character design è opera dello stesso Hiroyuki Okiura che ritroviamo in Spriggan e Perfect Blue.
L’uso della CG non è mai eccessivo: buona parte del fascino visivo di "Ghost in the Shell" è dovuto alle capacità degli animatori.
Per quanto riguarda le musiche, Kenji Kawai, se mai ce ne fosse bisogno, riesce a dare con le sue sonorità ancora più cupezza all’anime.
Alcune scene poi, come l’assalto finale al mech, sono rimaste nell’immaginario di tutti gli appassionati di animazione giapponese.
Cosa aggiungere?
Il fatto che i fratelli Wachowsky ne abbiano attinto a piene mani per la loro trilogia di Matrix, dice davvero tutto.