domenica 18 novembre 2012

DIABOLIK il film

ANNO: 1968
SOGGETTO: Arduino Maiuri, Adriano Baracco, tratto dal fumetto creato da Angela e Luciana Giussani
SCENEGGIATURA: Arduino Maiuri, Mario Bava, Brian Degas, Tudor Gates
REGIA: Mario Bava
FOTOGRAFIA: Antonio Rinaldi, Mario Bava
MONTAGGIO: Romana Fortini
PRODUZIONE: Dino De Laurentiis (Italia), Mariano Productions (Francia)
SCENOGRAFIA: Flavio Mogherini
MUSICHE: Ennio Morricone
INTREPRETI: John Phillip Law (Diabolik), Lucia Modugno (Prostituta), Caterina Boratto (Lady Clark), Renzo Palmer (Assistente del ministro), Mario Donen (Sergente Danek), Claudio Gora (Capo della polizia), Adolfo Celi (Ralph Valmont), Michel Piccoli (Ispettore Ginko), Marisa Mell (Eva Kant), Annie Gorassini ( Rose)

Film del 1968 voluto dal produttore Dino De Laurentiis, "Diabolik" inaugura la svolta pop del cinema di Mario Bava che culminerà pochi anni dopo con titoli come "Lisa e il diavolo" e "Cinque bambole per la luna d’agosto".
Inizialmente la pellicola doveva essere diretta dal regista inglese Seth Holt.
Mario Bava subentra nel progetto in un secondo momento e si trova nella scomoda posizione di dover girare un’opera su commissione che non risulti troppo indigesta al grande pubblico.
Per questo il regista sanremese pervade il film di un’estetica personalissima, che sposa il suo gusto visivo con le influenze delle avanguardie artistiche più in voga in quel periodo.
La fotografia, curata da Antonio Rinaldi insieme allo stesso regista, è pervasa infatti da tonalità forti, accese, spesso contrastanti, che aggrediscono lo spettatore cancellando da subito ogni idea di verosimiglianza.
Le scenografie poi, sono parte integrante dell’impostazione che Bava ha voluto dare all'opera.
A questo proposito basti pensare al look del nascondiglio sotterraneo di Diabolik, con forme e colori che mescolano disinvoltamente pop art, futurismo e psichedelia.
La sceneggiatura, nel contesto di una pellicola che trae il suo interesse principalmente dalle immagini, passa inevitabilmente in secondo piano.
In questo lungometraggio abbiamo poco più di un canovaccio, una sequenza di eventi che, oltretutto, cambiano bruscamente direzione e che servono principalmente al regista per guidare lo spettatore nel viaggio psichedelico che ha voluto proporgli.
Cancellando ogni connotazione morale del personaggio originale, il quale si caratterizzava per la sua natura anti-borghese e nelle sue azioni seguiva un codice morale che i suoi nemici non possedevano, Bava smonta e si prende gioco dei valori del suo tempo.
Alla sequenza in cui il discorso del capo della polizia viene accolto da incontrollabili risate, indotte da un gas sparso nell’aria da Diabolik, o a quella in cui il ministro delle finanze si umilia chiedendo alla nazione di pagare di propria spontanea volontà le tasse, accolto anch’esso da sbeleffi e scherno, fanno da contraltare le sequenze di Diabolik e Eva sepolti in un mare di banconote, e quella in cui il ladro decora il corpo della donna con i costosissimi smeraldi appena rubati, per poi tuffarsi, insieme a lei e ai gioielli, in una piscina.
Un’amoralità, figlia della sfiducia da sempre nutrita dal regista nei confronti della propria arte e del cinema in generale, che va a cozzare contro l’impostazione politicamente impegnata di tante pellicole di quel periodo.
Una menzione va fatta anche alla colonna sonora di Ennio Morricone, che si discosta abbastanza dalle composizioni più note del musicista proponendo motivi psichedelici e tipiche composizioni dell’epoca, sposando così in pieno il gusto pop che pervade il film.
In definitiva, si può dire di essere di fronte a un lungometraggio importante nella filmografia di Bava, oltre che anomalo all’interno del variegato panorama delle pellicole tratti da fumetti, l’unico caso, forse, in cui la trasposizione cinematografica è, in un certo senso, più fumettistica dell’originale.
Un'opera che, ancora una volta, mostra da un lato la sfiducia e l’auto-denigrazione tipiche del regista sanremese nei confronti del suo lavoro, ma che dall’altro lato ne ribadisce l’assoluta validità.